logo logo

Skarla.it

Per aspera ad astra

Spunto di riflessione

Di seguito un breve stralcio di un romanzo che mi piace rileggere e da cui si possono trarre spunti di riflessione.

Il brano illustra il colloquio tra il potente re Akrab  “Grande Scorpione” ed il suo indovino El Dabih dopo aver messo alla prova la fedeltà dei suoi sudditi …

Tratto da Terra! di Stefano Benni

[…]

Quando le urla e le invocazioni di Alya si spensero nei vasti corridoi, Akrab si avvicinò all’indovino e indicò la coppa vuota:

– Così, El Dabih, – disse – tu mi sei fedele!
– Tu lo sai re. Ho bevuto perché, se tu hai deciso che io muoia, tanto vale che muoia subito. Come potrei oppormi?
– Così, – disse irosamente Akrab – neanche della tua fedeltà posso essere sicuro! Perché, allora, mi resti vicino?
– Perché spero di potere fermare la tua follia. – disse l’indovino – Pensi forse che spargere il terrore su questa nave, uccidere a tuo piacimento, possa servire? Tu sai benissimo che Alya non ha cospirato contro di te. Puoi uccidere tutti i tuoi ministri e le leggi, ma la paura resta dentro di te. Non puoi tagliarle la testa!
– Indovino, – disse il re – se tu chiami follia la mia legge, allora ogni legge è una follia. Alya non bevendo ha commesso un peccato, il più grande per un suddito: considerare la sua vita più importante di quella del suo re. Tu sei un uomo che scruta nel vasto dei cieli e nel minuscolo dei vapori, sai vedere nell’abisso delle gocce in una tazza, e in quello che c’è dietro gli occhi chiusi. Ma io devo guardare il mondo, quello reale: le armi, le terre, le ricchezze. In tutto ciò non c’è magia: c’è ordine. Non puoi capire che cos’è il potere, tu! Non mi giudicare o potresti pentirtene! Io posso essere ben più pericoloso di un presagio!
– Non ho paura di te, – disse per tutta risposta l’indovino, fissandolo ancora negli occhi. Re Akrab, senza rendersene conto, indietreggiò di un passo. Poi l’ira gli ridiede forza. Con voce calma, disse:
– El Dabih, tu hai detto che niente di male mi succederà, finché il cielo non cadrà sulla terra…
– Così diceva la profezia.
– Ebbene – disse il re, e gli occhi gli brillavano di astuzia – fino a quel giorno, e cioè per sempre, ti nomino mio Primo Ministro. Avrai un palazzo, e strumenti preziosi per guardare le stelle, e oro, tanto quanto nessuno dei miei consiglieri ha mai avuto! Accetti questa offerta, indovino!

El Dabih non mostrò alcuno stupore. Prese una penna, scrisse alcuni numeri su un foglio.

– Grande Scorpione, – disse alla fine, mostrandoglielo – noi arabi inventammo questi numeri: il sistema decimale. Ma la nostra più grande invenzione fu Syfr. Syfr, che divenne poi Zephirus e poi Zero. Noi inventammo il numero che indica il vuoto, il nulla. Un numero pauroso, nel cui segno circolare la mente si può smarrire. Ebbene, tu conosci lo zero. Esso è il numero delle grandi cifre. Aggiunto, in lunga fila, dietro un semplice numero, lo trasforma in un mostro: un miliardo, un miliardo di miliardi. Sono i numeri con cui si indicano le tue grandi ricchezze: e lo zero vi cammina in fila, come in una carovana i cammelli carichi di gemme e sete, dietro al padrone. Esso è il tuo servo fedele: uno zero. Il tuo popolo, tanti zeri dietro a te, e così i tuoi consiglieri. Io potrei essere forse il secondo o terzo zero, nel grande numero della tua gloria: ma sempre vuoto, uguale a tutti gli altri. Ma non è questa la sola cosa che ti sfugge. Lo zero spalancò anche un’altra via: se lo zero si fa seguire da una virgola, e poi da altri numeri, ebbene non ci sarà numero, per grande e mostruoso che sia, che potrà uscire dal suo orizzonte. Esso crescerà, schiererà cifre come soldati, ma sarà sempre, ahimé, meno del numero più piccolo, meno di uno. Così tu rincorri un potere assoluto; ma per quante cifre, numeri e soldati vivi e morti tu possa mettere insieme, davanti a te c’è uno zero: il mistero che non afferri, la natura, che supera ogni tua ricchezza, il cielo, che non puoi avvicinare. E bada! Dopo lo zero, e la virgola, possono seguire molti altri zeri. Milioni di zeri. Ma se alla fine ci sarà un numero, esso esisterà. Questo è il mondo che non ti appartiene, la via che ti sfugge, l’infinitamente piccolo della libertà nascosta, il mistero della complessità che non puoi avere.
Il tuo più povero suddito è un numero, in fondo a tanti zeri: ma esiste, è vivo. C’è chi ammira le grandi misure e i grandi numeri necessari per esprimere la grandezza dell’universo, le distanze delle stelle. Ma lo scienziato, e l’uomo comune, resterà parimenti stordito dai numeri che inseguono e trovano la più piccola particella atomica, l’occhio dell’ape, la cellula. Questa vita che hai intorno, i tuoi sudditi, la natura, ciò che sta nell’altra terra lontana dallo zero, tu la disprezzi. Vorresti cancellarla. Pensi che tutto si possa comprare, pensi che i tuoi numeri siano abbastanza grandi per abbracciare il mondo. Essi sono syfr, zephir, il nulla, il vuoto. Le cose che tu puoi comprare sono un numero così infinitamente piccolo, che dovresti vergognartene. Non gloriarti della tua ricchezza. Essa è niente, sia se la rivolgi verso il cielo, sia verso i mondi dell’infinitamente piccolo.
Grande Scorpione, nascondi il tuo oro, chiudi il libro dei
numeri, perché esso è per te spaventoso.

[…]

Tratto da Terra! di Stefano Benni

Buona riflessione

SkarlaSan

Nessun Commento »

Puoi lasciare una risposta, oppure fare un trackback dal tuo sito.


Vuoi essere il primo a lasciare un commento per questo articolo? Utilizza il modulo sotto..

Lascia un commento




Il tuo commento: